La Corte di Cassazione, con la sentenza 21896/2025 ha confermato il principio di corresponsabilità per chi decide di viaggiare, come passeggero, in automobile, con il conducente sotto l’effetto di alcol o altre sostanze eccitanti. Tale principio va ad incidere sull’entità del risarcimento danni subiti in caso di incidente stradale dal passeggero.
Qualora la messa in circolazione di un veicolo in condizioni di insicurezza sia riconducibile all’azione o omissione non solo del conducente, il quale prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità alle normali regole di prudenza e sicurezza, ma anche del trasportato, che ha accettato i rischi della circolazione, si verifica un’ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa dell’evento dannoso.
Quindi, in caso di danni al trasportato medesimo la condotta di quest’ultimo, sebbene non sia idonea, di per sé, ad escludere la responsabilità del conducente, né a costituire valido consenso alla lesione ricevuta, può costituire, tuttavia, un contributo colposo alla verificazione del danno, la cui quantificazione in misura percentuale è rimessa all’accertamento del giudice di merito.
Pertanto, non sempre sussiste, in via generale ed astratta, il concorso di colpa del danneggiato che ha accettato di essere trasportato sul mezzo condotto da una persona in stato di ebrezza, ma si deve invece valutare, in concreto, se e in che misura la condotta della vittima (passeggero) possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento del danno spettante al trasportato nei confronti dell’assicurazione del conducente.
Il giudice dovrà valutare caso per caso verificando, a posteriori: le condizioni del passeggero e quelle del conducente; l’entità del tasso alcolemico; le circostanze di tempo e di luogo; la prevedibilità del rischio; l’eventuale concorso colposo di chi si lascia trasportare in automobile da un soggetto in stato di ebrezza.
La giurisprudenza, nel tempo, ha affermato che in tema di risarcimento danni da incidente stradale, la consapevolezza della persona trasportata che il conducente sia sotto l’effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti, pur non potendo determinare l’assoluta esclusione del suo diritto alla tutela assicurativa, è idonea a integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre proporzionalmente la responsabilità del danneggiante, ponendosi come antecedente causale necessario al verificarsi dell’evento.
Conclusivamente la Cassazione, nella sentenza in commento, ha richiamato il principio per cui se la persona trasportata si espone volontaria a un rischio o, comunque, ha la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegue la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, ha una corresponsabilità con il conducente e ne consegue una riduzione percentuale del danno da risarcire al passeggero.
Nel caso di specie è stato rilevato che il comportamento del trasportato si è posto all’inizio della sequele eziologica che si è conclusa per lui con l’evento dannoso più gravoso, la morte: infatti, il trasportato pur accorgendosi o potendosi accorgere dello stato di ebrezza del conducente dell’auto si è comunque esposto volontariamente ad un rischio oltre la soglia del “rischio consentito”, quando è salito sull’auto e non ne ha impedito affatto la circolazione, pericolosa anzitutto per sé, oltre che per gli altri, in violazione delle norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale, oltreché di precise regole del codice della strada.
In applicazione di tale principio, la Corte di Cassazione ha stabilito un risarcimento ridotto nei confronti del passeggero.